Teresa Diez: donna e artista nella Spagna del 1300
6/2/2024 - Paola Crippa
Per questo nuovo articolo, dedicato ad artiste medievali, ricche di talento e di coscienza di sé, ci spostiamo nella Spagna del 1300 raccontando le vicende di Teresa Dieç (o Díez), probabilmente una monaca che affrescò i muri del Real Monasterio de Santa Clara a Toro, nella provincia di Zamora, tra il 1310 ed il 1320.
Nel 1955 furono scoperti questi affreschi, che portavano chiaramente la sua firma: la scritta “Teresa Dieç me fecit” è visibile in un nastro dipinto alla base di una scena. In seguito gli affreschi sono stati restaurati e trasferiti a San Sebastián de los Caballeros, nella stessa città.

Oggi si attribuiscono alla stessa mano di Teresa altri dipinti presenti nella facciata della chiesa di Hiniesta, nella Collegiata, nella Chiesa di San Pedro a Toro e in Santa Maria de la Nueva a Zamora. Tuttavia, la maggior parte degli storici continua a trascurare questa artista, alla quale non sono dedicate citazioni sui siti delle città che conservano le sue opere, né pubblicazioni delle vicine università.
Talvolta riemerge il tentativo di negare una validità alla scritta con il nome di Teresa, per il fatto che essa è accompagnata da un simbolo araldico; per questo motivo alcuni critici ipotizzano che la firma debba riferirsi a una committente e non a una pittrice, sostenendo che nessuna aristocratica avrebbe mai lavorato come frescante. Eppure, non era raro che i cadetti di nobili famiglie si ritirassero all’interno dei monasteri, dove potevano ricevere un’istruzione di alto livello che spaziava tra i più diversi ambiti: dalla medicina alla teologia, alla musica, alla danza e, appunto, alla pittura. Nel Medioevo le religiose che praticavano l’arte avevano modo di trovare visibilità; si pensi a Ildegarda di Bingen o a Herrade di Landsberg delle quali abbiamo parlato in articoli precedenti.
Gli affreschi di Teresa rivelano una mano esperta e manifestano la conoscenza dei principi estetici più innovativi del proprio tempo. Negli affreschi provenienti dal Monastero delle Clarisse si individuano tre cicli pittorici: un ciclo tratta episodi del Vangelo dove restano visibili solo l’Epifania, il Battesimo di Cristo, l’Apparizione di Cristo alla Maddalena e il frammento con san Cristoforo e diverse figure di sante, dove si trova la firma della pittrice con lo stemma. Gli affreschi risultano mancanti di diverse parti a causa di alcune modifiche avvenute nei secoli successivi, come l’apertura di una porta, l’installazione di un organo barocco e la collocazione di un reliquiario.

Un’altra sequenza è dedicata a San Giovanni Battista ed è organizzata in dieci riquadri. Teresa dà molta importanza ai dettagli: Erode, nel Banchetto, siede proprio come un re, a gambe incrociate come segno di sovranità e con il ginocchio scoperto attributo di magnanimità; Erodiade tiene in mano dei frutti, simbolo di sensualità.

Infine, il terzo e più significativo ciclo, consta di ventuno scene ed è dedicato a Santa Caterina d’Alessandria.
Protettrice dei filosofi, dei teologi, la santa è presentata come una donna saggia, che fin dall’infanzia si è dedicata allo studio delle arti liberali, porta sempre sul capo una corona, essendo lei di sangue reale, ed è proposta come modello per l’operosità, l’ingegno, la sapienza e la forza d’animo. Con somma eloquenza Caterina seppe mettere in difficoltà i sapienti del suo tempo, venuti per convincerla ad abiurare e invece tornati da lei convertiti.
La pittrice illustra anche lo scontro fra la santa e l’imperatore Massimino, che la voleva in sposa, il suo rifiuto, la volontà di vendetta che si tradusse nella serie di supplizi a cui la giovane fu sottoposta e la sua morte per decapitazione. La narrazione si sussegue in riquadri, come se fossero vignette di un fumetto, illustrate da didascalie, destinate alle monache che avrebbero letto quei dipinti e avrebbero pregato, come pregavano con un libro di devozioni. L’autrice in questo modo guidava le consorelle a rivivere le vicende dei loro modelli spirituali, illustrando non solo episodi del Vangelo, ma anche la vita di alcune sante dei primi secoli del Cristianesimo.


La pittrice dedica molta attenzione alle figure femminili, a cui assegna sempre un ruolo determinante; nel ciclo sulla vita di Cristo, per esempio, nella scena in cui egli appare risorto a Maria Maddalena, sullo sfondo compare anche santa Marta a cavallo che trafigge il drago: ponendo una donna al centro della lotta con il drago, Teresa ribalta la tradizione iconografica che solitamente preferiva la figura maschile di san Giorgio.
La sua firma “TERESA DIEÇ ME FECIT”, visibile in un nastro dipinto alla base della scena con S. Cristoforo e alcune sante, è intesa da alcuni storici non come la firma dell’artista, ma come il ricordo dell’aristocratica committente, in quanto il nome è accompagnato da un simbolo araldico, e, secondo questi storici, nessuna aristocratica avrebbe mai lavorato come frescante.
Interessante da analizzare in relazione a Teresa è un’altra figura femminile, la regina Maria de Molina, al cui mecenatismo si deve la ristrutturazione della cattedrale di Toro, ampliata proprio in quel periodo. Figura di particolare lungimiranza e saggezza, Maria era figlia di Alfonso di Molina, e sposò nel 1282 suo cugino Sancho, re nel 1284. Rimasta vedova nel 1295, fu reggente per il figlio Ferdinando IV e poi, morto questo (1312), per il nipote Alfonso XI. Risulta quindi particolarmente interessante indagare anche sul rapporto tra Teresa e la committente della ristrutturazione poiché nella storia delle artiste, infatti, risulta sempre determinante la relazione positiva con altre donne: a volte si tratta di collaboratrici o sorelle, altre volte si tratta di donne di potere che accrescono il prestigio del proprio genere proteggendo le doti artistiche di altre donne.
La produzione più consistente di Teresa si trova nel coro del Monastero Reale di Santa Clara de Toro. L’autrice doveva essere cosciente di accompagnare le consorelle a rivivere le vicende dei loro modelli spirituali, illustrando non solo episodi del Vangelo, ma anche la vita di alcune sante dei primi secoli del Cristianesimo. Infatti le storie dipinte, incorniciate da fregi e decori, sono illustrate da brevi commenti rivolti a destinatarie evidentemente istruite.
Teresa usa un linguaggio vitale, poetico, luminoso. Il tratto è sicuro ma allo stesso tempo spontaneo, il disegno lineare argina i colori. La sua tecnica è quella del “fresco secco”, che consisteva nell’incidere i contorni dell’immagine nell’intonaco fresco, farlo asciugare, e una volta asciutto, bagnarlo con acqua di calce per procedere infine alla stesura del colore. Il suo stile, appartenente a una fase di passaggio dal Romanico al Gotico, rientra nel cosiddetto stile gotico lineare o pittura franco-gotica, all’interno della scuola di Salamanca di Antón Sánchez de Segovia. Le figure sono allungate ed eleganti, le scene sono vivaci, ricche di particolari naturalistici.
Le figure, descritte in modo intuitivo, sono bidimensionali, ma la resa dei volumi è forte e c’è attenzione al paesaggio, alla vita quotidiana e alla realtà storica del momento. Le figure, collocate quasi tutte su un piano d’appoggio, sono distribuite in profondità occupando spazi diversi, al contrario della pittura bizantina, dove sono messe sullo stesso piano e senza volume. Le scene sono circondate da scritte e da cornici a intreccio, decorate con motivi zoomorfi e vegetali, ma non sono il limite della scena, perché spesso personaggi e panneggi oltrepassano le cornici, abbandonando la staticità tipica della tradizione pittorica bizantina. In sintonia con il gusto gotico, la resa decorativa degli alberi dimostra creatività e senso del colore.
Teresa Dieç nella sua opera ha saputo esprimere una grande conoscenza artistica degli stili della propria epoca unita al grande coraggio nell’essere se stessa, libera, indipendente capace di dichiarare il proprio nome e la propria opera al fine di essere riconosciuta non solo come artista, ma anche e soprattutto, come donna.
Bibliografia Arriaga Flórez, Mercedes (2006). Mujeres, espacio y poder. ArCiBel. Las edades del hombre. El arte en la iglesia de Castilla y León, Valladolid, 1988, catálogo de la exposición. Fernández Díez, Raquel y Alonso Villar, María del Pilar, «Teresa Díez "me fecit" o la aproximación a un misterio», II Congreso virtual sobre historia de las mujeres. (Del 15 al 31 de octubre de 2010) Yzquierdo Perrín, Ramón, «Sillerías de coro gótico-mudéjares: de Santa Clara de Toro a Santa Clara de Palencia», Abrente, 40-41, 2008-2009 Gutiérrez Baños, Fernando (2017), La promoción artística en los conventos de clarisas durante la Edad Media, los coros de los conventos de Santa Clara de Salamanca y de Toro. Mujeres en silencio: el monacato femenino en la España medieval