Ma Rainey, la madre del blues
12/2/2024 - Enrica Sirigu
“I talk because I’m stubborn, I sing because I’m free” (Parlo perché sono testarda, canto perché sono libera) da Memphs bound blues.
Gli esordi
Ma Rainey, al secolo Gertrude Pridgett, nacque nel 1886 in Georgia. A 18 anni sposò William Rainey, conosciuto come Pa Rainey, ed ecco che anche lei cambiò il suo nome in virtù di quello del marito. Insieme fondarono il gruppo musicale dei Rabbit Foot Minstreals; girarono il Sud degli Stati Uniti e diventarono ben presto uno dei black minstrel show più famosi.
Il minstrel era un tipo di spettacolo creato dai bianchi, che mettevano in scena show in cui venivano fatte caricature degli afroamericani. Dopo la guerra civile e con la conquista di alcune delle libertà da parte dei neri, anche loro cominciarono a dar vita a minstrels di loro invenzione e lo fecero per un pubblico sia bianco che nero. Tramite questo tipo di spettacolo e grazie all’introduzione di musica blues al suo interno, Ma Rainey riuscì ad emergere con tutta la forza e il talento di cui disponeva. Fu durante questi tour che conobbe e cominciò a collaborare anche con Bessie Smith con la quale strinse una bella e duratura amicizia.

I dischi
Ma Rainey è stata una delle prime artiste a incidere canzoni e, nell’arco di pochi anni, registrò oltre 100 brani. Tra i più famosi: Memphis bound blues, Jelly Bean Blues, Slave to the Blues, Ma Rainey’s Black Bottom, Prove it me blues, Jealous Hearted Blues, Sissy Blues, Black cat, Moonshine Blues.
Il fatto che in quasi tutti i titoli fosse inserita la parola Blues fa intendere quanto orgoglio ci fosse nel cantare e nel riconoscere come genere musicale delle sonorità tanto legate alla vita quotidiana dei neri, sin dai tempi della schiavitù. Il blues accompagnava il faticoso lavoro quotidiano nei campi e, anche successivamente, continuò ad essere un mezzo per far sentire la voce della comunità afroamericana, per non dimenticare il passato e per cambiare il futuro.
Il primo album di Ma Rainey risale al 1923 quando firmò con la Paramount Records. A quel tempo la cantante aveva già molta esperienza alle spalle e, dato anche il suo carattere deciso, niente la fece desistere dal protestare quando le venne imposto dal produttore di modificare il suo stile musicale per vendere di più.
I problemi con la casa discografica si unirono alle conseguenze della Grande Depressione che non permise più di organizzare tour con molte date e, per questo motivo, Ma Rainey si ritirò nuovamente in Georgia dove diventò direttrice di un teatro e dove morì nel 1939.

Prove It On Me Blues
When I last night, Hade a bad big fight Everything seemed to go on wrong
I looked up, to my surprise
The gal I was with was gone.Where she went, I don’t know
I mean to follow everywhere she goes;
Folks say I’m crooked. I didn’t know where she took it
I want the whole world to know.They say I do it, ain’t nobody caught me
Sure got to prove it on me;
Went out last night with a crowd of my friends,
They must’ve been women, ‘cause I don’t like no men.It’s true I wear a collar and a tie,
Makes the wind blow all the while
Don’t you say I do it, ain’t nobody caught me
You sure got to prove it on me.Say I do it, ain’t nobody caught me
Sure got to prove it on me.I went out last night with a crowd of my friends,
It must’ve been women, ‘cause I don’t like no men.
Wear my clothes just like a fan
Talk to the gals just like any old manCause they say I do it, ain’t nobody caught me
Sure got to prove it on me.
Prove It On Me Blues è una canzone indubbiamente rivoluzionaria, non l’unica tra i brani cantati da Ma Rainey, ma sicuramente una di quelle in cui tutta la sua forza e il suo coraggio emergono in maniera dirompente. In un mondo e in un periodo nel quale le libertà erano ridotte e i diritti delle persone nere non erano certamente contemplati, cantare l’amore di una donna per un’altra donna sembra pura fantascienza. E invece Ma Rainey sfida il suo pubblico, sfida la società e quasi si prende gioco di loro. Canta l’amore omosessuale, dicendo chiaramente:
“They must be woman cause I like no men”.
E a questa forza si contrappone la sfida:
“Say I do it, ain’t nobody caught me
Sure got to prove it on me”
Provatelo! Questo sembra dire Ma Rainey; sfida dicendolo a voce alta ma nessuno può dimostrarlo e lei può continuare a vivere come vuole.
Sebbene sia solo un piccolo passo verso la conquista del proprio sé vediamo come l’arte possa essere promotrice e veicolo di cambiamento. Attraverso il canto o tramite una performance è più semplice esporsi e parlare a tutti. Penso a quelle tante donne – ma anche tanti uomini – che ascoltando la sua canzone si saranno dettə: “Non solo solə”.
La sessualità diventa un’esperienza da condividere, con cui confrontarsi. La vita delle singole persone in questo modo è un esempio ed entra con determinazione nella sfera politica, ridefinendo le caratteristiche del singolo individuo e le sue relazioni nella comunità.
Bibliografia
Elisa De Munari, Countin’ the blues, Arcana, 2020.
Sitografia
https://www.unadonnalgiorno.it/ma-rainey-la-madre-del-blues
https://www.gqitalia.it/show/article/ma-rainey-black-bottom-storia-vera-cantante